Per proseguire il tema Gipi e L'Ultimo terrestre (e Monti con lui), stiamo osservando un grande flusso dal fumetto verso il cinema.
Stamattina becco un link e ragiono.
A Venezia ci sarà nelle vesti di regista un'altra fumettista che ha contribuito a far uscire il fumetto fuori dal nostro piccolo mondo, Marjane Satrapi, con la versione, questa volta non animata, ma in carne ed ossa , del suo Pollo alle prugne, volume pubblicato dall'Association (un altro merito della perduta casa editrice e gruppo di cervelli emani), premiato ad Angouleme nel 2005. Sempre Teheran, e sempre tranche de vie, ma questa volta non autobiografico (è ambientato nel 1958) e molto più narrativo. Dopo il successo meritato di Persepolis Marjane resta legata al regista Vincent Parronaud, ecco il promo. Da cui si trae la sensazione di un doppio gioco, quello della liberazione dal segno "semplice" e lo sfruttamento dell'immagine fotografica, e quello della corsa a inseguire la poca "naturalezza" il non realismo del fumetto. Strada un po' schizofrenica, ma piena di riferimenti cinematografici. E qua qualcosa per saperne di più.
Mi chiedo però, perché?
E la risposta è economica. E la risposta è anche: per il desiderio dell'artista di comunicare a più persone possibile... o la sfida ad usare un mezzo da sempre desiderato?
Che il cinema sia amato già all'origine dagli autori di fumetti è risaputo. Ci passavano le ore e ore Pratt e Bonelli, e noi tutti lo abbiamo amato, e spesso non solo come spettatori, ma il piacere fisico del segno su carta, e la sua fatica anche, certo, come incidono poi sulla pellicola?
Ne vedremo due casi a Venezia, due esempi importanti. Ma Gipi non traspone un suo fumetto, parte da quello di un altro per essere più libero da china e acquerelli. Gipi il suo manifesto non lo disegna ( a parte quell'extraterrestre per il preview), Gipi volta pagina.
La differenza dei due manifesti è evidente e la dice lunga sui due diversi atteggiamenti cinematografici.
A Venezia...
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