venerdì 30 dicembre 2011

TEMPI DIFFICILI...

...E non parlo di ora.
Parlo di circa 15 anni fa. Anzi, di più. 1993, 1994... correvano quegli anni lì, che non lo sapevamo quanto erano veloci.
illustrazione di Roberto Luciani

Eravamo un gruppetto a Milano, oltre a me, il Giorgio Pellizzari (noi due si faceva il Corriere dei Piccoli) e disegnatori come Patrizia Mandanici , Lorena Canottiere (che dedica a Roberto questo suo ça pousse ), Lorenzo Sartori , Fabio Visintin e alcuni altri...
Tra questi piovve dal cielo con le sue grazie fumettistiche che guardavano al fumetto in cui eravamo cresciuti e alla bande dessinée, Roberto Luciani.
Ci scrivemmo, lo facemmo subito lavorare e ci telefonammo molto, ricordo le lunghe telefonate che facevo con lui, ridendo, scherzando, condividendo passioni per un fumetto che allora era difficilissimo pubblicare. Più difficile di oggi.
Più difficile di oggi, lasciatemelo dire, che ho vissuto gli anni d'oro della fine dei 70 e  e dei primi 80, ma in quel mezzo 90 lì era dura.
Le riviste avevano chiuso (a parte Blue e l'eterna Linus), pochi autori brillavano in un pantano dove gli editori di fumetti smettevano di editare fumetti e gli altri neanche ci provavano.
Roberto salì persino una volta a Milano, da Firenze. Fu amicizia e intesa.
Schivo, pigro, timido, fatalista o solo discreto, non aveva osato le vie della Francia (meno aperte allora di qualche anno dopo).
Pubblicò sul Corriere dei Piccoli, che esalava i suoi ultimi numeri, essendo passato alla Egmond Publisher, abbandonato dalla Rizzoli.
Giacomo Rosella era un direttore corretto e una persona simpatica, ma seguiva direttive che vigevano anche in Disney: la censura era grande (per intenderci il Giornalino delle Paoline era molto più "osé"). Non comparivano armi, e anche i bastoni erano visti male, persino nei fumetti Warner bros, i bicchieri non potevano essere colmi d'acqua, perché poteva sembrare grappa o gin, dunque solo aranciata, e così via, con un linguaggio che non sciacquava i panni in Arno, ma nelle regole più strette e scolastiche.
Roberto Luciani faceva questo fumetto che vi posto qua:



Fu censurato, corretto, limato varie volte. Un giorno ci disse: "Non ce la faccio più. Quando invento la storia e la disegno mi sento bloccato, mi auto censuro, poi ho paura, non riesco a pensare più".
Restammo amici. Poi il Corrierino passò ad altro editing (che noi facevamo da esterni, con tante proposte e poco potere) e poi chiuse definitivamente.
Roberto Luciani collaborava ormai in modo fisso e di grande responsabilità con la Giunti nella sua Firenze, libri illustrati, qualche breve fumettino ("Nati ieri", per es.), legati all'educazione e all'uso del latte o dei prodotti sani... o illustrava i romanzi della sorella, bravissima scrittrice, o si inventava altre cose.
Ma non fece mai più un vero e libero fumetto.
3 anni fa lo chiamai. Aveva l'influenza, quando gli parlai del progetto di ANIMAls si divertì, aveva voglia di raccontare a fumetti, aveva un'idea... ma poi il lavoro e forse la paura di restare deluso da questo mezzo meraviglioso, difficile, pieno di suggestioni e traditore lo fermò.
Scrisse per gioco i testi sui disegnini fatti sul bordo del foglio dalla bravissima amica e collega Lucia Mattioli . Li pubblicai.
Avevamo fatto altre cose insieme per gioco. Le posterò, eravamo Pierini Porcospini. Briganti, scherzosi, azzardosi. Il gioco gli si confaceva, era leggero e grave.
Lui ha fatto tante cose bellissime, magliette, video, libri, illustrazioni... Ma mi spiace che non abbia mai fatto il fumetto che voleva e aveva in cuore.
È stato sempre un grande autore, ma un autore discreto. Di quelli di cui è difficile trovare  tracce su internet o sentir parlare, ma lo conoscevano bene gli esperti, gli amici, gli allievi.
Oggi non c'è più.
E il fumetto, in questi anni, ha dimostrato di non capire molto, dico l'ambiente fumetto, che pubblica spesso senza un criterio morale, ma chi urla, chi è lì, pronto a farsi schiavizzare senza aver nulla da dire, chi fa il bullo, e non chi stava ad aspettare che ci fosse lo spazio per sussurrare.

Non è un rimprovero all'Italia e agli editori, è solo con amarezza che penso che abbiamo perso qualcosa, già prima di aver perduto Roberto.

Senza mostrare qui tante illustrazioni dei suoi libri (ne parlai sul n.41 di Scuola di Fumetto ) vorrei solo condividere i suoi meravigliosi Babbi Natale che mandava per fare gli auguri.
So che gradirebbe che ridiamo con lui dei suoi personaggi, e che gli sarà spiaciuto, quest'anno, non fare un nuovo Babbo Natale. Auguri Roberto.




il © di tutte le immagini è Roberto Luciani

mercoledì 28 dicembre 2011

I NUOVI LIBRI

Oggi (errore che mi corregge il Ginevra, che deriva da un SUO errore)... cioè tra un paio di giorni... è il compleanno di Umberto Eco, uno che ha fatto molto per libri e lettori.
Anche per la lettura dei fumetti, ha fatto.
Dunque tanti auguri! (e glieli faccio con un disegno che lo ritrae, fatto da Guido Buzzelli, di cui ancora per un mese potete vedere la preziosa mostra a Lucca e di cui parleremo nel prossimo «Scuola di Fumetto» ).

Parliamo di libri...
Mi segnala l'amico e collega Fabio Visintin – che siamo due gemelli separati il culla, praticamente – l'articolo di ieri su «Repubblica»...

L'articolo parla più che di i-book, dei libri cartacei (come ormai necessita dire, in alcune occasioni). Pare che la "guerra" tra cartacei e virtuali si sferri sulla qualità estetica.
Per ora ho leggiucchiato sul Kindle (di cui parla tanto bene Rrobe ) e l'ho trovato snervante, io che mi ci stavo per ingolosire. La lettura o è a caratteri piccoli, o grandi ma a paragrafi brevi e dunque a singulti. un lettore veloce e adulto, ogni 10 o 15 righe non gira pagina, ma ha una lentiiiiissiiiima dissolvenza tra un "foglio" e l'altro.
Ecco, per ora non mi tenta. Ma è solo questione di tempo, di migliorie tecniche, di abitudine anche.
Leggere i libri che divoro e non trovarmi la casa piena sarà un piacere, buttare nel cesso 3, 5 o 7 euro invece che 10 o 15 quando il libro delude, anche. Portarsi in treno 10 o 20 possibilità diverse sarà pratico, ma cambierà il mio modo di accedere alla lettura. Se non mi piace cambio molto, molto più facilmente.

Che la bellezza del libro, l'odore e lo spessore della carta siano insostituibili è vero, almeno per un po'... poi gli alberi ringrazieranno.



Dice comunque l'articolo che i libri belli, con copertine strafighe, nastrini, lustrini, opalescenze, vendono ancora più dei virtuali. Ma parlano di nomi enormi, di best-seller assicurati... Murakami, Stephen King... quanto contano? Sono libri oggetto. Libri che si mettono in mostra. Non sono i libri belli da leggere. Sono libri regalo, libri scultura, libri status-symbol. Iliade con segnalibri di seta...
Non sarà così che si combatterà l'i-book, non a lungo.
Poi perché combatterlo? Risparmio di carta, diffusione agile.. le librerie... ecco, le librerie. Io preferisco la carta, ovvio, sono del 1957 e qui siamo ancora indietro con sti affarini lenti, freddini.
Con che cosa si combattono? Per ora lo fanno da soli. Con la loro precarietà. Un libro resta. Questi non lo sappiamo. Ho buttato tutte le mie cassette video, io. Che me ne faccio? ne ho tenute 10 forse, con documenti strani dentro, che mi farò duplicare...
Questa precarietà conta. Se mi rubano l'i-lettore perdo 100 euro e tutti i libri che ho dentro. Se cambiano modello, sono sicuro che resteranno leggibili?
Così intanto continuiamo a essere in questa via di mezzo. In un momento di grande cambiamento storico, anche per le letture, ma non solo. Lo sappiamo, l'economia sta cambiando.
Torno ai libri, che di economia non so dire.
I libri cambieranno, cambiano.
C'è chi dice che la narrazione diverrà interattiva non solo per note e rimandi, ma anche per la narrazione stessa. Chissà. Mai saputo fare fantascienza.
Quello che mi suggeriva Fabio, lo so anche se non me l'ha detto (ho già spiegato, siamo gemelli separati alla nascita) è che i libri possono arricchirsi. Non solo di copertine belle (che il Fabio è grande copertinista, anche senza lustrini e nastri di seta), ma anche dentro.
 Possono nascere libri (e ne parla anche l'articolo) che dentro hanno foto, hanno disegni. Li accarezzi e guardi e sfogli (non so se questo vada in disaccordo con la lettura virtuale, non mi sembra, anzi...), il libro di parole (io che leggo e faccio fumetti, continuo ad amare i libri di parole) si può ampliare. Possono correre storie parallele. Documentazioni o sogni.
Come questa sua pagina ispirata a Shakespeare.

Non so se su carta o su schermo o su altro supporto. La lettura sta cambiando, e le figure entreranno, forse, a farne sempre più parte.

venerdì 23 dicembre 2011

«Una ROSA è UNA ROSA, è UNA ROSA»...

...Come scrisse Gertrude Stein (potete andare a Parigi e aspettare mezzanotte per chiederglielo, secondo Woody Allen).
Ma anche, come disse Giulietta a Romeo: "Lascia il tuo nome! Che cos'è un nome? La rosa avrebbe il suo profumo anche se non si chiamasse rosa...".

E il fumetto?

Già anni fa, quando la parola graphic novel era americana e si usava solo come citazione, quando in Francia cominciavano a parlare di roman-bédé (romanzo a fumetti), e quando Ivo Milazzo aveva appena cominciato la sua battaglia per il diritto d'autore, per una regolamentazione legale, per un riconoscimento al disegnatore dei medesimi diritti dello sceneggiatore in quanto creatore di fumetti. Già allora, lo stesso Milazzo (di cui qui posto il biglietto augurale arrivatomi oggi), contestava la parola fumetto, dicendola brutta, parola che vuol dir cosa basa, da ragazzini, di poco conto...

Lo contestavamo, noi altri disegnatori riuniti: "fumetto è una parola bella!" non bisogna vergognarsene, anzi, innalziamola... seee

Arrivò il graphic novel.
E tutti i fumettisti, da quelli più autoriali come Mattotti a quelli più popolari come Marco Soldi, odiacchiano sto graphic novel... la parola. I contenuti si sa, dipende se ti piace quello che leggi.

Igort ha scritto di recente che la potenza di questa parola fa vendere (sto semplificando, eh) più graphic novel che fumetto seriale in USA.
Dubbi in merito, ma il concetto mi interessa.
Su Face Book ne abbiamo commentato e Antonio Solinas ha fatto notare come al solito si fa confusione. Le raccolte in volume dei fumetti di supereroi, che vengono etichettate come GN, non sono narrazioni lunghe compiute. E anche quando non lo sono, sono basate sui personaggi.
In questa lista, di GN "vera" c'e solo Habibi, per dire.
 
Ma è da tempo che lo sappiamo che se vogliamo uscire dal pubblico fumettomane e allargarlo, dobbiamo usare la parola GN. Ricordo (era da poco uscito Persepolis), a una serata di gente colta e buffa, collezionisti di cartoline, studiosi, artistoidi "Ah, ti occupi di fumetti! Be', c' la Satrapi che è bravissima..." Il salto non so se era arrivato con la GN, ma con il libro, con un segno anti-fumetto-classico, con l'evoluzione che c'è.
Usiamolo GN sebbene sia una minchiata a volte, usiamolo bene e non diciamo che tutto quello che è un librotto che supera le 24 pagine è GN altrimenti siamo rovinati. Ma scegliere per "qualità" è impossibile, che è meno "romanzo" un libraccio super-pulp rosa, che Guerra e Pace? Lo sono entrambi.

Ne risulta un discorso simile anche nell'intervista che ho fatto a Milo Manara (che uscirà sul prossimo Scuola di Fumetto): 

« Commercialmente il fumetto è come la musica oppure la letteratura, tra un libro di Susanna Tamaro o un libro di Tolstoj non c’è nessuna differenza di prezzo (non di valore artistico), tra un disco, un CD di Beethoven oppure di Jovanotti costano più o meno uguale. La stessa cosa avviene nel fumetto, mentre nell’arte figurativa il prezzo di un quadro di Picasso non ha paragone con il prezzo del quadro di un mio amico pittore che si chiama Ludovico. Nel fumetto le cose sono dichiarate, c’è un prezzo di copertina che è un prezzo più o meno analogo ai prezzi dei libri e l’autore può contare, diciamo, su più o meno il 10% del prezzo di copertina. Quindi le cose sono molto più chiare, più nitide, più oneste e io mi ci trovavo molto più a mio agio. Se vendi molti libri e guadagni abbastanza bene, se non vendi libri cambia mestiere».

Poi magari inseriamoci dentro il FUMETTO quando parliamo (per forza, non potete evitarlo se parlate a questo nuovo pubblico, l'hanno ormai educato così): "Sì, bello questo graphic novel, è un grande fumettista questo. Ho letto anche un altro fumetto che ti piacerà se ami questo..." ecco, mescoliamoli, facciamo un po' di confusione. Ma libri, racconti e romanzi hanno i loro nomi, perciò non spaventiamoci troppo del famigerato GN. 
La rosa avrebbe il suo profumo anche se non si chiamasse rosa, ma se vado dal fioraio chiedo la rosa e la pago per rosa (e non spacciamo un tulipano per rosa, anche se bello).
E una rosa è una rosa, è una rosa.
Un graphic novel è un fumetto, è un fumetto, è un graphic novel.
Ma soprattutto faccaimo che un bel fumetto sia un bel fumetto, un bel graphic novel sia un bel graphica novel. E profumino come una rosa fresca.

Le parole sono importanti.
Mi piacerebbe sapere che potrebbe pensarne Nanni Moretti.

Vi saluto con gli auguri di un grande autore, Vittorio Giardino, che ha fatto graphic novel quando si chiamava fumetto... o no?

giovedì 15 dicembre 2011

OGNI DUE ANNI

Cioè Biennale.

La Biennale di Venezia è quella d'arte (che quelladel cinema s'è fatta annuale).
La biennale ha un senso diverso dal bimestrale. Ogni due anni crea attesa, ogni due mesi ci si scorda di che mese è (parlo per le riviste in edicola... ehehe).
Ma ecco che la Biennale di Venezia, importante e piena di novità (oppure criticata perché poco innovativa, e troppo prevedibile) si sdoppia. Si trasferisce nell'inverno a Torino, almeno in parte.
La parte italiana, quest'anno curata da Sgarbi. Che già a Venezia ha messo al suo interno gente del fumetto (direi prestata al fumetto, artista pittorico col cuore fumettoso, come Riccardo Mannelli).

Biennale democratica, piena di gente, di artisti, lo dicono qua.
L'avevano detto anche quest'estate, a proposito di Venezia, tra polemiche e discussioni: perché selezionare pochi artisti amati dai galleristi, vediamo l'arte vera, quella che si fa nelle botteghe, negli studi, l'arte che c'è.
(discorso pericolo e intrigante: veramente democratico e superatore di barriere salottiere.... oppure finta democarzia che mette nell'arena artisti senza compiere scelte?)
Ma è vero, dai, perché essere in pochi? Tanto il valore lo dà la storia e magari manco quella, lo dà il mercato, il caso e la bravura... un misciotto di ingredienti che starebbero bene per ricette come le mie in cook&(comic)book...
Qui trovate le notizie, per fortuna che c'è afnews! Insomma ci sto anch'io, ma ci sono con un mezzo fumetto: i miei disegni di caffè a colazione.
Aggiungo anche quelle che manda Gianluca Costantini (presente, ma come fumettista o altro?)
«Da sabato 17 dicembre a lunedì 30 gennaio 2012, la prestigiosa Sala Nervi del Palazzo delle esposizioni di Torino, Corso Massimo D’Azeglio, 15 ospiterà il Padiglione Italia, 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, per il 150° dell’Unità d’Italia a cura di Vittorio Sgarbi.
Il giorno dell’Inaugurazione, 17 dicembre alle ore 19,00 saranno presenti tutte le autorita’ che porteranno il saluto delle istituzioni dopo l’intervento del direttore del Padiglione Italia on. Vittorio Sgarbi che nella giornata di domenica terrà alle ore 11,30 una conferenza stampa alla Sala Nervi sede della Biennale».
e qui la sua opera.

 
Data l'informazione, ci ragiono un po' su...
Intanto cercate in rete: l'informazione è scarsissima e io non trovo in rete un sito o un link esauriente su questa biennale.
Anche sul fumetto, a parte afnews, nemmeno la galleria che coordina o altro, Little Nemo, ha l'elenco dei fumettisti, completo o aggiornato o altre informazioni.
I fumettisti e gli illustratori ci sono. Sì, stanno in mezzo agli artisti. Dobbiamo (non ironizzo) esserne felici. Non perché ci sono io o ci sei tu, ma perché sto benedetto fumetto lo mescoliamo, lo mescoliamo al giornalismo, ai libri-romanzi, all'arte...

E io, che sono la prima a pensare che il fumetto debba uscire dai recinti limitati di un publico fumettomane, mi chiedo se non ci sia debolezza nel nostro bisogno di appoggiarci all'arte, al romanzo al giornalismo.
E credo ci sia, ma non è un male, è un passaggio. Il fumetto per crescere e uscire da limitati giri, può essere sui quotidiani, tra i romanzi e appeso al muro... e gli fa bene, perché è arte mista, ambigua, multiforme. Perché il fumetto non è uno, è trino e più. Può fare tutto (ne parlerò in un altro post, partendo da un'intervista a Milo Manara).
d'altra parte è assai fumetto questa scultura di Hyungkoo Lee (alla Biennale di qualche anno fa)

Tornando alla mostra, a Torino, sabato (dopodomani) io e altri autori ci saremo, e ringrazio Barbara Zucchi che si è occupata di noi autori, e che è venuta tra le nostre fila di fumettari tralasciando le sue sculture (esposte a Venezia).
 Un'annotazione, mi risulta che (per questioni di sicurezza e assicurazione) i fumettisti siano presenti con stampe dell'opera.
Sono combattuta: il senso di essere appesi a un muro e non sul libro o sul giornale, è che il segno ne tragga altro senso, cancellazioni, segni, materia (per chi lavora in digitale la questione non si pone, così come per l'artista visivo). Stampa è abbassamento del senso dell'opera?
Oppure, visto che stiamo parlando di opere che si basano sulla riproduzione seriale e popolare (anche nel caso di raffinate edizioni) è giusto essere appesi riprodotti.
Ricordo, nel '15-'18 (cioè quando avevo meno di vent'anni negli anni 70), una discussione radiofonica tra Pratt e Crepax, l'uno alla ricerca del risultato su carata stampata e l'altro alla manutenzione del segno, senza mia sbianchettare, orgoglioso del segno e anche dell'errore d'artista.
Allora sarò appesa con stampe. E con puntine che le reggano, per dare un valore alle cose. Il giusto.

Dopo la mostra ne riparliamo.

Ecco l'elenco (spero completo, mi pare che manchi Angelo Stano... e Costantini?):

Carlo Ambrosini, Stefano Babini, Roberto Baldazzini, Stefano Biglia, Massimo Carnevale, Giorgia Cassini, Marco Cazzato, Fabio Civitelli, Pasquale Del Vecchio, Paolo Eleuteri Serpieri, Cinzia Ghigliano, Tanino Liberatore, Milo Manara, Marco Nizzoli, Paolo Ongaro, Daniela Pitton, Laura Scarpa, Giovanni Ticci, Sergio Tisselli, Roberto Zaghi, Sergio Zaniboni, Barbara Zucchi.

venerdì 2 dicembre 2011

RETE

DOMENICA all'Auditorium di Roma c'è la lezione-incontro con GIPI! Interrogato e stuzzicato da Francesco Coniglio e Luca Raffaelli, curatori di queste "lezioni di fumetto".




È una notizia della rete. Una notizia che mi riguarda da vicino. Visto che io ci sarò. Ma soprattutto ci sarà Gipi a raccontarsi, a parlare di disegno (che ora non fa) di cinema (che ora fa) e a commentare i suoi disegni proiettati.
morale cattolica - © Gipi


Quando ero piccola nel mio retino pigliavo 0 pesci e qualche gambero+conchiglie e alghe.
Nella rete oggi piglio pochi pesci e molti gusci di conchiglia,  e pur qualche medusa sgradevole.
Ah sì, quando ci fu l'invasione delle meduse nei primi anni 80, le pescavamo nella baia con il retino, noi adulti nudisti, così la baia era sgombra e a turno ci si nuotava, mentre gli altri facevano da vedetta.

da caffèacolazione.tumblr.com (2009)
Utilità dei retini.
E della rete?
Io sto su facebook, su twitter, su... boh, c'ho blog e tlog, poi mail, poi curioso, e vedo che il tempo passa terribile, afferra le cose che dovevo fare e le scaraventa a dopo, a dopo, che la rete mangia il tempo... una vera alleata o nemica di Kronos!
E poi perché?
Presenzialismo?
Informazione rapida?
Progresso?
Inevitabilità?
Economia?
La rete è un ampliamento del notizie dei giornali + le chiacchiere dei conoscenti + la confessione pubblica, i litigi e tutto quello che ci tenevamo dentro.
La privacy è quella cosa che da quando la si nomina non esiste più.
I cellulari ce ne hanno privato. Prima parlavamo con una persona, e in casa chi ascoltasse le telefonate  infastidiva il telefonando, oggi se parliamo con quella persona lo facciamo non solo per strada, dove altri sentiranno brandelli di conversazione, ma davanti ad amici a cui tronchiamo il discorso ("scusa, il cell..."), sul tram o sul treno, dove ogni vicino viene a sapere affari piaceri e dolori di chi chiama, almeno per metà (che per fortuna non si usa il vivavoce).
Ho vissuto abbandoni tra i singhiozzi, compleanni  e problemi di ufficio, tutti di estranei che per una mezz'ora entravano nella mia vita, o io nella loro.
caffèacolazione

Non me ne lamento, è solo un dato di fatto.
Facebook e altri luoghi simili raccontano a un amico che dormi fuori casa, e così lo sanno tutti...
eccetera.
Fin qui te lo gestisci tu. Non scrivere dove dormi, abbassa la voce sull'autobus.
Anche i caratteri delle persone cambiano. La rete è anche teatro, c'è chi accentua il suo naturale, chi si trasforma in lupo o agnello, in re, in innocente, in traditore e nella vita fa il verduraio, non il tiranno, come tanti coristi dell'opera.
Poi iniziano le chiacchiere, le accuse, le polemiche... su una sceneggiatura, un autore, un editore.
Si dice che la rete in questo periodo, almeno nel mondo (piccolo piccolo) del fumetto italiano, sia diventata una rete che piglia meduse e le butta addosso, pizzicano.
Bravi i Superamici, che coerenti col loro nome mai polemizzano. Bravo Fior che riesce a stare un po' fuori dal fumetto ricordandosi l'architettura. Ma stare fuori non è facile. E poi perché?
La rete mi piace, mi ci diverto, scopro bellissimi disegni, notizie che non troverei sui giornali che d'altra parte ho sempre letto poco e male.
Sarà che seguo la moda, la tendenza o che sono presenzialista, o curiosa o altro, in rete ci sto.
Come Paperon De' Paperoni nelle monete (per mano di Carl Barks), mi ci tuffo, salto, nuoto...

La rete ha maglie fine e poi buchi, scappano tante cose  e restano impigliate spesso alghe. Va ricucita, i pescatori lo sanno.
Su Coniglio Editore serviranno chiarimenti.
Li darà presto Francesco Coniglio in qualche blog o sito, non so.
Su di me so che seguirò la rivisita «Scuola di Fumetto» (Animals per ora galleggia) e i corsi online e altre cose, li porterò da qualche parte, presto. Un isolotto?
Continuo a leggere e cucinare , disegnare , lavorare e navigare nella rete.

Buona pesca a tutti.

a domenica h.18 all'Auditorium

giovedì 17 novembre 2011

RITRATTI DEGLI AUTORI DA CUCCIOLI

C'è un noto blog molto carino, Ciucci, che fa vedere i disegni degli autori da piccoli. Scoprire i propri disegni fatti in età dell'innocenza o nell'età dei cambiamenti turba il soggetto stesso, immaginate dunque che sia per un occhio estraneo.
A 9 anni, guardando la tv disegnavo paesaggi western come quelli dei telefilm...


Avevo 12 anni quando disegnai coscientemente di fumetti, che poi fumetti non erano, in quanto storie a riquadri con didascalie, riduzioni di favole e leggende (ma già da tempo mi raccontavo storie disegnandole disordinatamente con la biro in fondo ai quaderni, inventando dialoghi muti per teste e personaggi disegnati mentre fingevo di studiare.
A 12 anni però cominciai a guardare e copiare la realtà, se qualcosa lo richiedav, per esempio la vanità di un'amica...
A 14 cominciai a fare fumetti... A 16 Pratt mi disse che ero brava a fare schizzi... ancora oggi è la cosa che mi riesce meglio... sarò schizzata (e disordinata) e questo non si cambia.
Disegnare a quell'età è tastare il terreno.
E più o meno si vede che altri futuri disegnatori facevano così...  e probabilmente, solo che non lo sappiamo, magari in misura minore lo facevano anche persone che poi son diventate vigili del fuoco o filologi o musicisti. Per dire (e non mi sbaglio, vi assicuro che questi esempi non sono casuali).
Basta leggere le due autobiografie pubblicate dai Topipittori ... in particolare mi sono identificata in Tuono, nonostante sesso e generazione differiscano... siamo stati ragazzi e adulti siamo ancora giovani ai nostri occhi che invecchiano.


Ora son partiti i corsi di fumetto online, alcuni da poco e alcuni da un po' di più.
Per la prima volta c'è il corso Young Comics, rivolto a ragazzi tra i 12 e i 18. Tutto partì da una madre e un ragazzo al Comicon a Napoli durante una presentazione/lezione con Rrobe Recchioni . L'idea mi parve buona, poi cominciarono a tremarmi  i polsi... che dire online a ragazzi probabilmente molto diversi? Come fare a spiegare senza il calore umano della diretta? E poi con livelli certamente disuguali... 
Invece ecco, alla partenza il corso si dimostra non solo fluido e tranquillo, ma stimolante... per me dico! I ragazzi portano informazioni nuove ed eterni pensieri, io a scrivere per loro oso di più invece che semplificare!
La sensazione è che si impara sempre, ma che c'è un'età in cui si cattura tutto... non è l'apprendimento dell'adulto: sono lupi, io lo ero, sono giovani lupi, ma adulti al tempo stesso.
Soprattutto è tra i 12 e i 15 che la maggior parte di noi umani decide che cosa vuol fare, poi lo lima, perfeziona, corregge il tiro... il musicista futuro, magari sta decidendo quale delle due strade seguire, le tasta entrambe prima di scegliere assaggia.
Il vigile del fuoco pensa forse che sia lavoro più adulto fare fumetti... poi cambia opinione, il filologo futuro ancora non sa che cosa sia filologia, comincia a leggere più avidamente, ma ancora disegna... e poi ci siamo noi altri, che continueremo a disegnare, fumetti o cose simili.
Quella è l'età in cui ricevere imput diversi, per non arrivare poi a guardarsi indietro con la sensazione di aver perso occasioni. Non serve proprio una scuola, ma incontri (la vita, amico, è l'arte dell'incontro...) dopo vengono i corsi, la fatica e il divertimento, la passione e il lavoro.
Noi impariamo da noi stessi, dai nostri giochi e dal sudore sui segni, dall'applicazione e dalla costanza, ma anche dallo sguardo degli altri e sugli altri.
Se non avessi incontrato Hugo Pratt, Dino Battaglia e Guido Buzzelli non sarei finita nel calderone del fumetto, non mi sarei ostinata. Così se non avessi incontrato il gruppo delle Strix e Fabio Visintin e altri, e poi Antonio Tettamanti e Lorenzo Mattotti e poi gli altri a seguire (la vita amico è l'arte dell'incontro ).


Per questo abbiamo fame di incontri più che di lezioni, insomma lo capiamo che si impara in molti modi. Ecco perché c'era questo pubblico bellissimo all'incontro dei primi di ottobre a Roma, all'Auditorium, con Leo Ortolani. (questa domenica Milo Manara e il 4 dicembre Gipi)...


300 persone di tutte le età. C'erano anche ragazzini di 10 anni, e adolescenti e giovani e adulti.
Leo ha disegnato...
...mostrando gli errori che rischia di fare...


i suoi fan erano lì, a chiedere dediche... ma qualcuno gli ha portato un regalo:


Ci sono fumetti che non hanno confini di lettori. Che poi sono confini che decidiamo noi.
Hugo Pratt, quando avevo 16/18 anni io, lo leggevano anche ragazzini più piccoli, a 10 anni lo leggevano, eppure veniva pubblicato su Linus e scoperto da un pubblico adulto e colto.
Il Corriere dei Piccoli raccoglieva lettori dai 6 anni in su, fino ai 14, le divisioni in classette, per le letture, non fanno bene. La sorellina di un mio amico, leggeva a 9 anni le 110 pillole di Magnus assieme a Cioè.
Abbiamo sempre guardato oltre, e guardano oltre i bambini, i ragazzi, i giovani... spesso siamo noi, stanchi dal lavoro, impigriti, a fermarci. Ma guardare oltre è sempre qualcosa di appassionante. Un'avventura.
Young Adult, così si definisce il pubblico per le storie come quella scritta ora da Tito Faraci, Oltre la soglia, o il grande successo di Harry Potter. Sono solo gli editori, i venditori, che cercano etichette. 
Il lettore lo sa, allunga la mano, prende il libro e, se gli piace, legge e non si ferma più.

giovedì 27 ottobre 2011

incontri a LUCCA

ecco dove sono... per il resto mi trovate allo stand, a dedicare:
Caffè a colazione
e
Merende e Merendine


Venerdì 28 Ottobre; Palazzo Ducale, ore 18.00
Comics talks

Video killed pornofumetto star 
Il destino del fumetto erotico, nell’era di Internet, è segnato per sempre?

Prima le videocassette, poi la digitalizzazione dei film e infine la rete hanno aperto al porno ovunque e on demand. Proprio come i fumetti prima, ma con ben altra ‘precisione’. In questo nuovo contesto, il fumetto ha ancora un ruolo? E tra i suoi nuovi ‘sguardi’, qual è il posto di quello femminile?
Modera: Paolo Interdonato (blogger, sparidinchiostro.wordpress.com)
  • Laura Scarpa (autrice Caffè a colazione e Blue e Sniff, Coniglio Editore)
  • MP5 (autrice Profumo – Blue sniff comics, Coniglio Editore)
  • Giovanna Maina (ricercatrice, Università di Pisa)
  • Sara Pavan (autrice, Ernestvirgola)
Sabato 29
11:00 Inaugurazione mostra FANTOMAS (il libro è edito da Coniglio editore)
11:30 Incontro con l'autore (Alfredo Castelli)

Domenica 30
11:00 Inaugurazione mostra DI GENNARO 
11:30 Incontro con l'autore Di Gennaro (e ci sarò anch'io)

Lunedì 31
11:00 Presentazione «Scuola di fumetto» on-line (Coniglio Editore) 

giovedì 20 ottobre 2011

ANCORA DI IMPARARE


Io non so che cosa sia imparare.
Baudoin, grande autore e buon maestro, racconta dal vivo il suo disegno... il segno è musica


So che da 3 anni e un paio di mesi tutti i giorni (diciamo uno su due, ma anche più), faccio un disegnino e lo posto nel mio blog.
So che così, alla bella età di 51-54 anni ho imparato cose che non sapevo prima.
La prima cosa che ho imparato è stato riscoprire la mia natura, il mio segno e il mio modo di raccontare, dico riscoprire perché poi, trovando degli schizzi/studi per il mio primo fumetto richiestomi da un editore (Ottaviano, il fumetto era Moll Flanders, nel 197...8?) ho visto che usavo il pennino benissimo, che il segno era bello, ma contro le regole dell'epoca, e io (anche se non pare) sono obbediente.
Ecco, a scuola e fuori dalla scuola, occorre usare l'obbedienza e la disobbedienza.


Da un anno e mezzo, assieme ad altri autori, ho aperto la prima Scuola di Fumetto online . Sceneggiatura (con Recchioni, Serra, Artibani, Faraci...), fumetto (con Saudelli, Baldazzini, Ziche e altri...).


Insegnare è comunicare, dare regole e dare libertà.
Imparare è ascoltare, imparare l'obbedienza e la disobbedienza.


Questo equilibrio difficile, che fa ascoltare e apprendere da esperienze altre, esperienze mature, e che fa interpretare a proprio modo, ma dalla coscienza di una propria forza.
La politica italiana oggi è l'evidenza di quanto male siamo stati disobbedienti in questi anni. Disobbedienti magari nel pagare una tassa, nel costruire un tetto più alto, ma obbedienti nel subire idee che non sono vere, racconti falsati, logiche deformate, ma obbedienti, da scolaretti che non macchiano il quaderno.
Abituati al sottobanco, a evitare punizioni e difficoltà.
Disobbedienti in modo bello, costruttivo e autocritico.


Dai maestri si impara per quello che dicono e per come agiscono. Si impara discutendo.
Ho insegnato tanti anni, e in tanti anni ho visto uscire autori, o giovani disgnatori che poi facevano lavori limitrofi al fumetto, e un'altra parte che abbandonava. Per tutti le strade erano diverse e personali, da «il Giornalino» a testate Bonelli, al fumetto d'autore oppure Disney.
Tutti quelli che hanno fatto fumetto equilibravano l'ascolto delle lezioni a quel tanto di disobbedienza che era semplicemente la ricerca della loro strada. Chi pendeva troppo da uno dei due lati si fermava presto.
Obbedienza è intelligenza, non subordinazione.. (leggete qua che cosa si richiede quando si è schiavisti).


Ma tornando al disegno la bellezza è anche vedere come nasce... eppure è bellezza ingannevole, spesso. O per la troppa particolarità dell'artista (questo è su FB) o perché il disegno filmato non è quello del vero lavoro, soprattutto per un fumetto.
eccone alcuni, belli? Affascinanti, ma sono davvero rivelatori?
1  uno schizzetto, 2 un po' più lezione... 3 Jim Lee e in  4 inchiostra grandi mostri del fumetto: 5 o banali lezioncine con una loro modesta utilità 6 eppure...
il segreto manca, il segreto non è nella mano, è nella testa.
Silvia Ziche dedica, a Lucca


Allora perché studiare? Proprio per questo. Perché è la testa che comanda e va educata, aperta, riempita e stimolata... e poi se qualcuno mi avesse insegnato, non tanto la tecnica, quanto come arrivarci...
Gli autori insegnano sempre, anche quando mentono (forse) un po', come questo Uderzo ...
e riuscita a imparare da Hergé qui o qui ?
Vedere nascere il disegno è magico, se è Gip i...
E quale mistero dentro a questo uso della tavoletta grafica con Moebius?
E se qualcuno regala lezioni su un programma  (e intanto disegna bene) come Patrizia Mandanici?
Ecco, cominciamo ad avere la scuola. Ma fugge sempre il dialogo, la discussione, la ribellione.
A scuola si impara, lo ripeto, se si disobbedisce un poco, ma si ascolta tanto.
A scuola si vede anche che cosa c'è DIETRO una tavola a fumetti...
studi di Angelo Stano, tratti dai film in moviola. Tratto da Scuola di Fumetto 

Tex. Sceneggiatura disegnata, di Sergio Bonelli
Avevo 15 anni e già facevo fumetti, ingenui ma anche sperimentali. Cercai di adeguarmi e sbaglia. È stato faticoso, perché i maestri erano persone di passaggio.
È a 14, 16 anni che si decide di disegnare. Ecco perché ora i corsi per più giovani li facciamo, nella A Scuola di Fumetto Online. Perché ci sono tanti che arrivano a 40 o 50 anni rimpiangendo di non aver coltivato prima il fumetto che amavano. E anche a 40 e 50 anni si possono scoprire stili, e come dire cose che abbiamo da dire. L'ho fatto io coi miei disegnini quotidiani (e, posso dirlo? Si evolve anche la pur esperta Patrizia Mandanici, con certi suoi disegni spesso legati a sogni) . Ma a 15 anni, a 18, hai ancora davanti le scelte. E in questo mondo di difficili lavori, di un futuro economicamente più che incerto, apocalittico, almeno affrontare le cose che ci piacciono mi pare una scelta  che vale la pena di fare.
A 26 anni ho cominciato a insegnare e avrei avuto ancora molto da imparare. Ho imparato insegnando. Per spiegare il cervello si affina, si crea problemi su quello che la mano fa, la propria e quella di altri. Ragionare con Lorenzo Mattotti, Antonio Tettamanti, Cinzia Ghigliano, Luigi Bernardi... era un parlare tra amici che pensavo sulle cose  e non sempre andavano d'accordo. Eravamo tutti un po' disobbedienti. :)

sabato 8 ottobre 2011

IL FUMETTO SI IMPARA?

Avevo 15 anni quando decisi di fare fumetti. Accadde in modo strano.
Quell'estate la passai in montagna con mio papà e un cugino, era morta mia mamma e mentre mia sorella andava al mare con le zie noi facemmo così.
Mio cugino era un po' più grande e voleva fare il giornalista, mi insegnò qualche accordo sulla chitarra e mi disse: Ma tu VUOI fare fumetti!
Io non lo sapevo, li facevo e basta.
Poi accadde che per questioni di università mia sorella avesse scritto a Hugo Pratt (sotto mia spinta interessata) per continuare una tesina molto apprezzata di filologia moderna sul linguaggio del fumetto (Topolino, Jacovitti e Pratt... era appena uscita sul CdP la Ballata del Mare Salato).
Così conobbi Pratt che mi incoraggiò sul disegno e si complimentò sul colore...

Negli anni successivi, completamente autodidatta combinai poco, anche se feci esercizi credo a oggi utili, Pratt mi sgridò dicendo che avevo fatto poco dopo tutte le sue lodi, questo circa due o 3 anni dopo.
A 19 anni cominciai a frequentare Milano, con una cartella sotto il braccio e suonando alle porte più disparate, da Einaudi e Linus, a editori di etichette di vini... gardavo sull'elenco, camminavo, e mangiavo panino sulle panchine dei parchetti.
disegno del dicembre 2008 da caffeacolazione.tumblr.com

Poi arrivò Ravoni con dei consigli, prima ancora Dino Battaglia che mi raccomandò (ma senza esiti) al corrierino, poi Linus e Ottaviano Editore.
Ma non è per raccontarvi i miei inizi. È per dire che facevo da sola, incontrando poi altri appassionati aspiranto, le ragazze con cui cominciare a fare Strix, per poi allontanarmene, o il gruppo milanese di Tettamanti, Mattotti, Uracchi... e altri a seguito. Poi venne Bernardi e Bologna e L'Isola Trovata e poi Storiestrisce e altro ancora.
Imparai da loro e da qualche consiglio di editore, ma era difficile, non c'era la soluzione, non c'era un modo di risolvere un problema o di disegnare una cosa. C'erano discussioni su dove andare, cosa dire e fare, e poi negazioni, non è bello, non rende, non funziona, non mi piace, non è coerente...

Allora nn esistevano scuole di fumetto. A Roma (ma non lo sapevo) cominciavano i corsi di Francesco Coniglio, ma era comunque già tardi, ormai mi ero tuffata.
Per anni poi ho insegnato, alla Scuola DEL Fumetto di Milano (di via Savona) e poi a quella del Castello, di Milano. Ho diretto degli stage di grandi autori al Castello di Ceri. E ora insegno allo IED di Roma.
Le scuole servono?

Non lo so.

Sono convinta che non siano indispensabili, ma che facciano bene sì. Tolgono tempi morti, possono evitare errori dati solo dal contatto editoriale (io sento che ne sono stata vittima, poco adatta a quel mondo). Permettono di ragionare con chi ha gli stesi interessi anche se non li abbiamo come vicini di casa.
Perché sì, Francesco Coniglio lo dice ogni tanto: se i Beatles non si fossero trovati insieme in quello spazio non sarebbero stati i Beatles.
La scuola aiuta chi non ha Paul McCartney come vicino di banco.
Perché è un modo meno parziale e ossessivo di conoscere l'editoria e le sue esigenze. Perché è un modo più morbido di prendere botte sui denti.
La scuola di fumetto o simili fa bene, non è indispensabile, ma è utile, può esserlo molto, e comunque è divertente.


Bene, tutto questo ora apparirà mera pubblicità, ma è qualcosa su cui penso spesso, da autrice e da insegnante e da editor. So che nessun titolo scolastico conta ASSOLUTAMENTE nulla, ma che le scuole fanno uscire molti autori (e altri sono autodidatti).

Ecco dove vado a parare: organizzo e gestisco dei corsi online per adulti e ragazzi, di fumetto e sceneggiatura. Assai democratici, aperti  tutte le età, questi corsi permettono a un prezzo ragionevole, di essere seguiti da persone che studiano, che lavorano, che abitano in paesini... cosa imparano? A scoprire di più il fumetto, a farne forse in un futuro, proseguendo da soli, una professione (poco redditizia ma una professione), a togliersi desideri sepolti, a divertirsi, a esprimersi, a diventare autori.

Poi ci sono questi incontri all'Auditorium di Roma, domani (domenica 9 ) si comincia con Leo Ortolani, l'autore di Rat-Man che ora ha anche scritto un libro sull'adozione di due bimbe e sulla sua dunque recente paternità.

Poi seguiranno Manara, Gipi, Staino... e altri.
Si impara da queste lezioni? Sì. Ma non la tecnica del fumetto, ma quel mistero che è dietro all'opera.
La cosa che accomuna dei corsi annuali con lezioni e compiti, e delle lezioni interviste con una grande platea sono il contatto stretto o meno con l'Autore. Egli sa.

ed è vero, non sa nulla, ma sa perché fa e perché ogni autore pensa a quello che fa, e se agisce anche istintivamente e con l'intuito artistico, altre volte ha pensato a cosa dire  e a come, a che cosa hanno fatto gli autori che ama (o che odia).
Incontrare Leo domani sarà una festa, perché uomo gentile, intelligente e divertente, ma sarà anche utile per dargli da una parte la sua misura di uomo e dall'altra quella di artista, un artista popolare, comunicativo e coerente, per capire che non è una grazia di dio la capacità artistica, ma uno sforzo che parte da dentro e che potremmo scoprire in noi anche senza voler arrivare alla fama e alla fortuna.

Andare a scuola fa bene, se non è la scuola italiana che sempre più viene mortificata e schiacciata, ma di questo mi piacerebbe riparlare.