mercoledì 7 marzo 2012

SANDOKAN, anzi... SALGARI

Oggi Bartezzaghi su Repubblica mi ha battuta sul tempo.
Ma da un giocatore così, è un onore esserlo.
Tutto colpa delle altre cose da fare, che questo post me l'avevano lasciato sempre incompleto.
Così invece che ieri lo posto questa sera. E Bartezzaghi il legame l'ha già tracciato. Ma lieve, solo con un paio di parole.
Emilio Salgari vedeva il centenario della sua morte l'anno scorso. Ma Paolo Bacilieri è un autore meticoloso e distratto da molti altri impegni. Il suo dolce Salgari (ma poco dolce a dire il vero piuttosto dolce come il legno tenero, forse...) vede la luce adesso, da qualche giorno (e lo abbiamo visto dedicarlo con la consueta cura e eleganza durante BiBOlbul). 
Il legame curioso e casuale viene da un altro libro, che non è su Salgari, ma parla anche e molto di libri e autori e personaggi, oltre che di fantasmi. È l'ultima raccolta di racconti di Michele Mari , sempre ottima e ricca di suggestioni acute, di visioni torcibudella, sebbene più alterna di altri suoi volumi, meno compatta, forse perché fatta di materia volatile quali i fantasmi. Uno dei racconti è sull'autore di Sandokan, appunto.


E qui finisce il mio legame con l'esimio Bartezzaghi, che vi accenna e poi torna a parlare, e  a parlar assai bene, del Bacilieri.
Paolo – dice il critico – mette in atto il paradosso del geografo sedentario, del viaggiatore da scrittorio.
In effetti questa è da tempo l'immagine che noi conserviamo di Salgari. 
Paolo e Michele, di Emilio trattano questo in modo opposto. E poi trattano di quello che celebra il centenario: la sua morte.
Ma davvero non potevano essere più affini e complementari i due scrittori (l'uno delle parole, l'altro dell'arte sequenziale), nel raccontare il rapporto tra l'immaginario e concreto. Le meraviglie gloriose del fantastico e la miseria di una povera mediocrità ottocentesca italiana.
Bacilieri del narratore fantastico evidenzia la geografia colorata, le meravigliose descrizioni che hanno caratterizzato Salgari, minuziose e ricche come perle e sete. E queste parole immaginifiche si accostano ad altre realtà: Verona, Torino, Genova. Ricostruite anch'esse in modo prezioso, rese non dissimili dai miti orientali, eppure realistiche, tristi, povere, borghesi.


Mari racconta invece i personaggi. Racconta gli eroi tenebrosi e il sangue, le lame intarsiate e ancora il sangue. È quella vitalità diabolica che egli accosta magicamente a Emilio Salgari. Se Paolo è malinconico, e vede un esotismo che vive solo dentro un piccolo uomo buffo (e per questo anche tragico ed eroico in questi sogni che diventano lavoro), Michele rende grande e vittorioso lo scrittore veronese, dal naso tondo, i baffoni arricciati e la paglietta, che sembra un pupazzino nella graphic novel (del disegnatore veronese che vi si è un poco riflesso, mentre cercava di distaccarsi).




Ma entrambe le storie puntano verso la morte. E in entrambe l'ombra vi è dall'inizio. In una con la naturalezza, la follia, la normalità della vita schiacciata, nell'altra con l'eroismo e la crudeltà iniziale, e la morte come vittoria. Vittoria della carta e del povero uomo mai abbastanza remunerato e appagato.


La morte tragica ed eroica di un travet. La povertà di chi poteva essere ricco (come fu per Stanlio e Ollio, per esempio). 
Per Mari emerge il sangue della passione, e la forza della letteratura.


Per Paolo, che ha sviluppato la storia con maggior ampiezza e attraverso immagini più che mai contenute, distaccate, che mantengono i sentimenti fuori campo, tutto è inglobato in un'Italia ben lontana dall'essere festeggiabile nella sua nascita recente, con un re misero, una capitale triste, editori meschini, ospedali psichiatrici crudeli, ma una bellezza potente delle architetture e della natura. È quell'Italia di fine secolo, con i suoi esploratori suicidi, con i suoi eroi abbandonati, con i colpi di pistola facili a por fine  a una vita difficile.


Per una volta Mari appare allegro ed ottimista affiancato a Bacilieri.
E ho l'impressione che occorra leggere il racconto, dopo o prima del fumetto, che si debba leggere il fumetto, chiudendo le pagine del racconto. Che queste due storie si siano indissolubilmente, casualmente legate.
E che, dopo, occorra leggersi un Emilio Salgari, magari nelle vesti di Sandokan, o di Tremal-Naik.

E queste due opere le dedico a un amico scomparso, Carlos Trillo, e a sua moglie Ema Wolf (scrittrice). Diceva Carlos che come non avrebbe potuto innamorarsi di Ema, quando la conobbe, una ragazza che sapeva a memoria le prime pagine in cui appare Sandokan? e chi di voi non le ricorda, almeno sulla pelle?


La notte del 20 dicembre 1849 un uragano imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di miglia dalle coste occidentali del Borneo. Nel cielo, spinte da un vento irresistibile, correvano come cavalli sbrigliati, mescolandosi confusamente, nere masse di vapori, le quali, di quando in quando, lasciavano cadere sulle cupe foreste dell'isola furiosi acquazzoni; sul mare, sollevato dal vento, s'urtavano disordinatamente e s'infrangevano furiosamente enormi ondate, confondendo i loro muggiti con gli scoppi delle folgori. Nè dalle capanne allineate in fondo alla baia dell'isola, nè sulle fortificazioni che le difendevano, nè sui numerosi navigli ancorati al di là delle scogliere, nè sotto i boschi,nè sulla tumultuosa superficie del mare si scorgeva alcun lume; chi però, venendo da oriente, avesse guardato in alto, avrebbe scorto sulla cima di un'altissima rupe, tagliata a picco sul mare, brillare due punti luminosi: due finestre vivamente illuminate. Chi mai vegliava in quell'ora e con simile bufera nell'isola dei sanguinari pirati? Tra un labirinto di trincee sfondate, di terrapiedi cadenti, di stecconati divelti, di gabbioni sventrati presso i quali si scorgevano ancora armi infrante e ossa umane, una vasta e solida capanna si innalzava, adorna sulla cima di una grande bandiera rossa, in cui campeggiava una testa di tigre. Una stanza di quell'abitazione è illuminata, le pareti sono coperte di pesanti tessuti rossi, di velluti e di broccati di gran pregio, ma qua e là sgualciati, strappati e macchiati, e il pavimento scompare sotto un alto strato di tappeti di Persia, sfolgoranti d'oro ma, anche questi lacerati e imbrattati. Nel mezzo sta un tavolo d'ebano, intarsiato di madreperla e adorno di fregi d'argento, carico di bottiglie e di bicchieri del più puro cristallo; negli angoli si rizzano grandi scaffali in parte rovinati, zeppi di vasi riboccanti di braccialetti d'oro, di orecchini, di anelli, di medaglioni, di preziosi arredi sacri, contorti o schiacciati, di perle provenienti senza dubbio dalle famose peschiere di Ceylon, di smeraldi, di rubini e di diamanti che scintillavano come astri, sotto i riflessi di una lampada dorata appesa al soffitto. In un canto sta un divano turco con le frange qua e là strappate; in un altro un armonium di ebano con la tastiera sfregiata, e all'ingiro, in una confusione indescrivibile, stanno sparsi tappeti arrotolati, splendide vesti, quadri, lampade rovesciate, bottiglie ritte o capovolte, bicchieri interi o infranti e poi carabine indiane arabescate, tromboni di Spagna, sciabole, scimitarre, accette, pugnali, pistole. In quella stanza così stranamente arredata, un uomo sta seduto su di una poltrona zoppicante; è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri, e d'una bellezza strana. Lunghi capelli gli cadono sulle spalle: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato. Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall'ardita arcata, una bocca piccola, che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d'un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo. Era seduto da alcuni minuti, con lo sguardo fisso sulla lampada con le mani chiuse nervosamente attorno alla ricca scimitarra, che gli pendeva da una larga fascia di seta rossa, stretta attorno ad una casacca di velluto azzurro a fregi d'oro. Uno scroscio formidabile che scosse la gran capanna fino alle fondamenta, lo strappò bruscamente da quella immobilità. Si gettò indietro i lunghi capelli, si assicurò sul capo il turbante adorno di uno splendido diamante, grosso quanto una noce, e si alzò di scatto, gettando all'intorno uno sguardo nel quale si leggeva un non so che di tetro e di minaccioso.
- E' mezzanotte -mormorò. - Mezzanotte e non è tornato!

8 commenti:

  1. Ho letto Sweet Salgari con una tensione sempre crescente: il senso di morte è presente fin dall'inizio e diventa sempre più pressante, incombente fino al tragico epilogo finale, di cui paolo non risparmia i dettagli cruenti. Ma poi c'è il finale quasi felliniano, con quel funerale seguito da una marea di ragazzi (anche quelli immaginari del Cuore di De Amicis) e di gente del popolo nel quartiere avveniristico della fiera internazionale che si teneva a Torino proprio nel 1911. Splendido. Un capolavoro.
    Mi hai fatto venire la curiosità per il libro di Mari.
    Le tigri di Mompracen l'ho riletto quest'estate: l'incipit non l'avevo dimenticato dalla prima lettura di quand'ero ragazzino....

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  2. @Alessandro sì, il senso di morte in quell'Italia, e i ragazzi incoda al funerale di chi fa romanzo popolare non riesco a non pensarla come una condivisione soldiale di chi fa fumetti, ancorché raffinati. Il libro di Mari è stimolante, Salgari occupa un solo racconto breve, ma molto intenso. Le tigri ora vado a rileggermele :) intanto beccatevi qui Paolo: http://www.comicsinmotion.tv/bacilieri/ (due anni fa)

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  3. E' vero la tensione aumenta piano piano, per ora sono arrivato a metà volume.
    L'unica cosa che non mi piace sono le foto all'interno del fumetto e una vignetta in cui Salgari si azzuffa, che non rispecchia il tipo di disegno (si vede la nuvola con le stelline). Ma queste sono mie opinioni

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  4. 1 foto! che spaccaballe che sei fine'! :D

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  5. E tutta colpa della mia insegnante di fumetto!

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  6. E oggi Paolo cita i recensori, così potete confrontare con altri pareri e suggerimenti http://sweetsalgari.blogspot.com/2012/03/sfighe-e-sfoghi.html

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  7. riciao Laura, ti propongo un mio pensiero più articolato su Sweet Salgari:
    http://www.fucinemute.it/2012/03/salgari-lamico-della-tigre/
    Ale

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  8. Sweet Salgari, mi ha colpito già dalla prima pagina... la dedica a Sergio Bonelli. Sono anche queste cose che mi fanno amare un autore.

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